Una grande festa rurale & paesana, nel senso migliore dei termini, con una partecipazione straordinaria di persone, la mobilitazione di un intero paese per abbellire il borgo e organizzare la Sagra del pane, ormai ultraventennale, e un calendario fittissimo di appuntamenti e degustazioni incentrati sull’arte bianca e una delle sue più nobili espressioni: il pane di Sardegna.
Sono arrivata nel primo pomeriggio, dopo una sfuriata del tempo che aveva lasciato pozzanghere profonde nelle strade di campagna.
Avevo sotto braccio un mazzo di libri, il mio nuovo saggio, La lingua dei santi, che si è venduto come il pane, a testimonianza che la cultura è viva e alberga in noi, a saperla riconoscere.
Per il resto ero ospite di Sa Massaia, in un contesto di raffinata mostra di pani rituali festivi, a più mani, e nella stanza accanto due grossi forni attendevano di ingoiare i pani crudi preparati dal panificio, da Roberto Pisci e Cinzia Zoccheddu, per restituirli al mondo cotti, buoni da pensare e da mangiare.
In questa avventura di chiacchierata col pubblico la nutrizionista Tiziana Uras e l’agronomo Federico Corona, che si sono avvicendati con me a raccontare il pane, dalla semina all’assaggio e oltre.
Il pubblico? stipato nella stanza buona di s’apposentu, si è dimostrato attento e affettuoso. E ho avuto il piacere di conoscere gli ultraottantenni genitori di Roberto, due enciclopedie viventi di cultura contadina, con cui mi sono intrattenuta.
Il ritorno è stato leggiadro, avevo sul sedile posteriore chili di pane che profumavano tutta la macchina. Stanca ma felice, come sempre quando vado sul campo, e parlo con le persone sincere, che amano il buon cibo.
Commenti recenti